“Rinunciare alle nostre fantasie sarebbe rinunciare al nostro contatto col mondo”
(da “Guardare il mondo. Riflessioni sull’ontologia del film” di Stanley Cavell)
Affabulatore, buffo e zuzzurellone. È un affabufforellone, il bardo che racconta groncioli di fiaba, tozzi di nutrimento puro, incontaminato, immaginario.
Dalla notte dei tempi la fiaba cammina da un luogo all’altro, vive nella narrazione e nell’ascolto, viaggia di memoria in memoria e di bocca in bocca.
Racconta l’anima dei popoli, il fluire dell’esistenza e delle sue verità, ma è al contempo territorio del meraviglioso, dove tutto può accadere.
Nel viaggio iniziatico della fiaba, il paesaggio è teatro di eventi e artefice di metamorfosi, spazio dove la natura, portale verso il soprannaturale, racconta il suo antico rapporto con l’uomo.
Dalle più arcaiche alle future, dalla foresta al giardino, lungo sentieri ancestrali e simbolici, le fiabe sono lo specchio che riflette la parte più profonda di ognuno di noi.
Quando si entra nel mondo dei bambù, ci si trova fra nani alti dieci centimetri e giganti che sfiorano i quaranta metri. In Asia, in Europa, in America e in Africa, il loro popolo vive dal livello del mare alla montagna e cresce con un’incredibile rapidità.
Da un antico mistero custodito nella fioritura, ai falsi miti e alle verità, nuove e antiche storie riecheggiano tra le foglie e le canne di bambù.
Vagando tra i pensieri del paesologo Franco Arminio…
“Ogni giorno dovremmo fare una cosa nuova e una cosa vecchia. (…) Due cose che fanno futuro”.
È necessario aprirsi all’impensato, all’immaginazione, fare anche un piccolo gesto che si discosti dalla normalità.
Questo è possibile ovunque nel paesaggio e a Orticolario è raccomandato.
Vi siete mai seduti tra i bambù?
Magari a terra, come nani tra morbidi cuscini, o su sedie altissime per spuntare come giganti sopra le loro chiome.
Tutto questo mentre rubate al tempo la lentezza che non vi dedicate mai.